L’aula scolastica – aula di risonanza o area digitale?

di Carl Bossard

Home-office è il nome del nuovo modulo operativo, anche nelle scuole. L‘insegnamento riceve una spinta digitale. L‘euforia è grande; la gente dimentica che l‘educazione è anche una questione di relazioni. È tempo di una riflessione pedagogica.

La società non stop ha balbettato e vacillato inaspettatamente, per molti versi si è addirittura arrestata. Anche l’insegnamento faccia a faccia si è fermato. Le cosiddette «vacanze del coronavirus» sono all’ordine del giorno. Tuttavia, i circa 1,3 milioni di bambini in tutta la Svizzera dovrebbero continuare ad imparare le loro materie quasi come a scuola, senza però andarci. Lavorano a casa, supervisionati e accompagnati dai loro insegnanti – attraverso canali digitali con testi informativi, compiti scolastici o messaggi push, attraverso interi siti web o app, tramite videochiamate, a volte con documenti inviati per posta, a volte con il buon vecchio telefono o anche con conversazioni individuali nell’edificio scolastico.

L’apprendimento richiede relazioni positive

L’apprendimento a distanza è un’area inesplorata. C’è poca esperienza. Di conseguenza, funziona in modo diverso – in molti luoghi in modo ottimale, a volte meglio, a volte peggio, ogni tanto forse non funziona del tutto. «Beim Fernunterricht überzeugten nicht alle Lehrer» («Non tutti gli insegnanti convincevano nell‘insegnamento a distanza»), era il titolo a grandi lettere della SonntagsZeitung.1 Non senza sottotono.
  
Questo scenario avrebbe dovuto essere preso sul serio da molto tempo, è l‘accusa rivolta alla scuola. Lo sviluppo digitale ha semplicemente dormito troppo a lungo, si dice, ecco ora la rivincita. Per questo motivo lo slogan a favore di una digitalizzazione intensiva, perfino radicale dell’insegnamento, si diffonde in tutto il paese. Ma questo appello impulsivo per la scuola digitale deve essere contrastato da una riflessione pedagogica. C’è una buona ragione per cui i bambini da tempo non sono stati abbandonati soli con un qualsiasi tipo di software educativo: perché, in poche parole, siamo esseri umani,2 perché l’apprendimento richiede relazioni positive. La scuola e l’insegnamento sono per molti aspetti un processo di risonanza, un processo di relazioni tra le persone.3 L’educazione si svolge «in densi processi di interazione (con le persone e le cose)»4, analizza il sociologo Hartmut Rosa.

L’uomo non è un Robinson Crusoe

È dunque una delle costanti antropologiche fondamentali che l’essere umano ha bisogno di una controparte per riconoscersi. Martin Buber, pedagogo e filosofo della religione, ha condensato questa intuizione in un’affermazione fondamentale: «L’uomo diventa se stesso attraverso il tu»5. Questo si può osservare anche in questi giorni di coronavirus con l’apprendimento a distanza. Innumerevoli bambini sentono la mancanza della compagnia dei loro compagni di classe e del loro insegnante; d’altra parte, molti educatori cercano un contatto diretto e personale con i loro allievi
  
L’uomo non è una figura di Kaspar Hauser, e solo pochi si adattano ai Robinson Crusoe moderni. Lasciati a se stessi, si perdono in un mondo senza sostegno e orientamento. Gli esseri umani hanno bisogno di un loro simile per potersi sviluppare.

L’essenziale sta nelle relazioni interpersonali

Molte ricerche lo dimostrano, molte perizie lo confermano: fin dalla prima infanzia in noi esseri umani ci sono due bisogni; le due questioni fondamentali si completano a vicenda: da un lato vogliamo sentirci sicuri e protetti, dall’altro vogliamo scoprire e sperimentare qualcosa di nuovo. Per questo sentimento di sicurezza e per scoprire qualcosa di nuovo, però, abbiamo bisogno di esseri umani di cui ci fidiamo, che ci rafforzino positivamente e ci correggano. Questo facilita l’apprendimento e lo incoraggia.
  
Questi affetti risonanti sono elementari – soprattutto con i bambini più piccoli. Gli insegnanti devono credere negli adolescenti, prestare loro attenzione, incoraggiarli, dar loro riconoscenza e aver fiducia in loro. Anche il feedback di supporto e correttivo gioca un ruolo decisivo; chi impara deve sapere cosa o come si potrebbe fare meglio. Questi sono tutti elementi di relazioni. Si trovano nell’interpersonale, nel mezzo, nel divergente. La presenza fisica e l’interesse vitale per il bambino intensificano questi processi interpersonali.

Imparare non è una corsa con partenza e arrivo

La digitalizzazione, tuttavia, presuppone che l’insegnamento sia un processo controllabile e quindi pianificabile – una corsa con partenza e arrivo lineare e convergente, per così dire, precisamente calcolabile e controllata da algoritmi. La divergenza non esiste quasi mai. Per questo motivo i bambini hanno poca perseveranza nel seguire una lezione digitalizzata durante un periodo di tempo più lungo. Presto si annoiano perché non percepiscono nessuna persona che animi l’energia interpersonale. È questo «trovarsi nel mezzo» che fornisce ai giovani le indispensabili esperienze di risonanza analogica, sottolinea il medico e neuroscienziato Joachim Bauer.6
  
In classe, quindi, un insegnante deve essere percepibile e vitale. È più di una «guida che accompagna».7 Deve essere presente per il feedback, per una battuta umoristica, per la riconoscenza e la stimolazione, per la resistenza e il dibattito. Gli alunni hanno bisogno dell’attenzione comprensiva del loro insegnante; devono sentirsi percepiti e presi sul serio.

Il contatto personale è indispensabile

Cosa significa tutto questo per la situazione attuale? Per la situazione di emergenza con l’apprendimento a distanza, con i bambini che devono imparare da soli a casa? Si vede quanto sia importante il contatto umano diretto – e ciò che ora, senza gli insegnanti e l’apprendimento comune in classe, improvvisamente manca. Molti genitori cercano di compensare, ciò non sempre riesce. Non tutti i bambini hanno le stesse possibilità di avere un ambiente famigliare adatto all’apprendimento.

Ritorno nella zona di risonanza dell’aula scolastica

La situazione di emergenza mostra qualcos’altro: dovrebbe essere evidente che la pedagogia venga prima della tecnologia. Molti digitalizzatori e promotori acritici di un mondo virtuale dell’apprendimento lo dimenticano. L’uso dei media digitali per gli alunni di solito non è problematico. Ma ciò di cui hanno bisogno per un buon apprendimento è avere di fronte una persona impegnata. L’apprendimento ha bisogno di relazioni positive. Ecco perché i media digitali – soprattutto nella scuola elementare – sono un complemento all’insegnamento da persona a persona, sottolinea lo psicologo e psicoterapeuta Allan Guggenbühl. Poiché l’evoluzione umana non è la stessa cosa della rivoluzione tecnica. Anche nell’era digitale, l’essere umano diventa un essere umano per il tramite dell’essere umano. I bambini delle scuole elementari e i loro insegnanti tornano nell’aula di risonanza della loro classe. Per diversi motivi questo fatto è benvenuto.     •


Fonte: Journal21 del 18.4.2020

1  Nadja Pastega: «Beim Fernunterricht überzeugten nicht alle Lehrer.» [Non tutti gli insegnanti convincevano nell‘insegnamento a distanza] in: «SonntagsZeitung» del 12/04/2020, pag. 8
2  Küchemann, Fridtjof, «Warum es so schwierig ist, ohne Lehrer zu lernen» [Perché è così difficile imparare senza un insegnante]; in: Frankfurter Allgemeine Zeitung del 20.3.2020
3  Jens Beljan: Schule als Resonanzraum und Entfremdungszone. Eine neue Perspektive auf Bildung [La scuola come spazio di risonanza e zona di alienazione. Una nuova prospettiva per l‘educazione], Edizione Juventus, Weinheim 2019, pag. 375
4  Hartmut Rosa: Resonanz. Eine Soziologie der Weltbeziehung, [Risonanza. Una sociologia della relazione mondiale], Suhrkamp, Berlino 2016, pag. 403
5  Martin Buber: Ich und Du, [Io e tu], Edizioni Lambert Schneider, Gerlingen 1997
6  Joachim Bauer: Wie wir werden, wer wir sind. Die Entstehung des menschlichen Selbst durch Resonanz, [Come diventiamo, chi siamo. L‘emergere dell‘Io umano attraverso la risonanza] Edizioni Karl Blessing, München 2019, pag. 205
7  Ewald Terhart: Eine neo-existenzialistische Konzeption von Unterricht und Lehrerhandeln? Zu Gert Biestas Wiederentdeckung und Rehabilitation des Lehrens und des Lehrers, in: Vierteljahrsschrift für wissenschaftliche Pädagogik, 94, 2018/3, pag. 479

(Traduzione Discorso libero)

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